Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd)

sabato, gennaio 28, 2012 | , , | Bookmark and Share

Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd)

Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd)

Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd)caratteristiche

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Dettaglio di Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd)

Attore : Isabelle Adjani
Regista : Werner Herzog
Editore : Ripley's Home Video
Durata : 103 Minuti

Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd) recensioni da clienti

Recensione : Nosferatu (1979) (SE) (2 Dvd) Far rivivere il mito espressionista tedesco e dimostrare l'attualità dell'icona horror per eccellenza in un cinema che da un decennio abbondante considerava il Non-Morto un reietto, un personaggio dell'immaginario fantastico di serie B ormai soppiantato dalle meraviglie technicolor dello splatter di ultima generazione; rivisitare un genere battuto e ribattuto da mille e ancor più mille, con risultati spesso sconfortanti; provare al contempo la propria ecletticità di regista capace di passare dal documentario, al noir e poi all'horror senza batter ciglio, e anzi migliorandosi di opera in opera. Impervia, la sfida raccolta da Herzog.

E puranche coraggiosa la sua scelta, perché "remake" è una parete a strapiombo di roccia sdrucciolevole pronta ad inghiottirti al minimo errore, e il rischio di rovinose cadute ti costringe a calcolare al millimetro ogni passo; perché rifare un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale all-time vuol dire prestare il fianco a legioni di critici che ti aspettano al varco e non vedono l'ora di massacrarti ed esporti alla gogna mediatica, perché se lo fai troppo simile all'originale ti accuseranno di essere scontato e ripetitivo, e se per converso ci aggiungi del tuo e ti scosti dalla via maestra ti bruceranno sul rogo per eresia alle Sacre Scritture; vuole dire rimettere in gioco sé stessi e quanto faticosamente conquistato e strenuamente difeso sino a quel punto, consapevoli che un eventuale buco nell'acqua rimarrà lì a marchiarti per l'eternità, perché il pubblico può perdonare un passaggio a vuoto in un Rocky parte dodicesima qualsiasi ma mai giustificherebbe la deturpazione di un evergreen (chiedere notizie a Guillermin, John e a quel che ne fu della sua carriera dopo il "King Kong" del '76); perché rifare Murnau e scalfirne il mito equivale a entrare agli Uffizi armati di punteruolo e sfregiare un Botticelli, e a nessuno piace passare alla storia come profanatore d'opere d'arte.

Accostandosi all'originale con la religiosa riverenza che si dimostra al cospetto degli Dei, Herzog affida le fortune della pellicola all'attore con cui aveva condiviso mille e più scontri sul set del precedente "Aguirre - Furore di Dio", quel Klaus Kinski destinato da lì in poi a divenirne la personale nemesi. E raramente nella storia del cinema scelta fu più azzeccata. Nessuno come Kinski, nessuno meglio di Kinski, nessun altro all'infuori di Kinski. Perché Kinski E' Nosferatu come e (bestemmia!) fors'anche più dello stesso Max Schreck un cinquantennio e passa innanzi; nessuno avrebbe potuto e saputo indossare la maschera del Vampiro con altrettanta credibilità, restituendo al personaggio quell'aura di inquietante malinconia mista a empia morbosità che aveva conferito immortalità all'interpretazione del caratterista tedesco mezzo secolo prima. Accanto a lui una sequela di attori tutt'altro che comprimari, a cominciare da quel Bruno Ganz che in seguito troverà fortuna in ruoli spesso controversi e che qui impersona un memorabile Harker. Né vanno scordati i fondamentali contributi della bellissima Isabelle Adjani nei panni di una eterea Lucy e di quel poliedrico tuttofare della commedia francese che risponde al nome di Roland Topor, strappato alla vita ancora giovane e nel pieno della propria parabola artistica, che dà vita al Renfield più allucinato che si ricordi dai tempi della leggendaria interpretazione di Dwight Frye.

"Nosferatu" è pura poesia tradotta in celluloide, esaltata dalla stupenda fotografia di Schmidt che immortala e consegna ai posteri onirici paesaggi di rara bellezza e capacità suggestiva, memori della pittura fiamminga seicentesca e autocelebrantisi nell'incontaminata natura delle location est-europee. I dialoghi sono volutamente sommessi, scanditi quasi sottovoce, perché su tutto deve regnare sovrano il battito d'ali del Pipistrello, celebrato dai cori funebri della mirabile colonna sonora firmata Popol Vuh.

C'è un'atmosfera di malsana oppressione che permea l'intera pellicola, una sensazione di progressivo, implacabile soffocamento che ti attanaglia fotogramma dopo fotogramma e che pare quasi ricalcare e muoversi in sincronia con l'ombra del Vampiro che si disegna sulla parete della camera di Lucy e gradualmente inghiotte gli ultimi raggi di luce: è la lenta danza funerea del Mostro, che con lo scorrere dei minuti ti avvolge e trascina inesorabilmente in quel vortice di malata perversione, di perenne stallo tra Sogno e Realtà, tra Vita e Morte di cui il film è pregno; ci è concesso di respirare di nuovo solo al liberatorio canto del gallo, quando la Mietitrice scandisce l'ultimo rintocco per il Non-Morto, e al suo rantolo agonizzante fa da contraltare la pia l'illusione che la maledizione secolare possa finalmente essere spezzata mentre il primo sole mattutino fa breccia dalla finestra socchiusa.

Un film di bellezza e fascino disarmanti, la cui magnificenza non può essere compiutamente celebrata dalle cinque stelle del giudizio, e vorresti chiedere ad Amazon di introdurne una sesta, e poi una settima, perché i superlativi non sono sufficienti ad esprimere la grandezza del Genio, e qui è di genio assoluto che si tratta.
Il "Nosferatu" di Herzog è un'opera che i bambocci cresciuti a pane, Playstation e Peter Jackson non potranno mai capire, ed è meglio che sia così, perché il Cinema con la "c" maiuscola deve essere appannaggio esclusivo di chi -dote rara di questi tempi- sa discernere la Settima Arte dal letame. Non copia ma omaggio, non imitazione ma tributo, non remake ma rivisitazione: "Nosferatu" è tutto questo e molto più. Con la speranza -o meglio, l'imperativo categorico che non ammette replica- che a nessuno in quel di Hollywood passi per la testa di stuprarlo con l'ennesima riproposizione sacrilega.

Perfezione Assoluta.